Recupero e valorizzazione Forte Pozzacchio


Committente: Provincia Autonoma di Trento, Sovrintendenza ai Beni Architettonici

Progetto: Francesco Collotti, Giacomo Pirazzoli

collab: N. Cimarosti, M.Boasso, Y.Sakasegawa, S.Acciai, I.Corrocher, Eric Medri

Strutture: Claudio Senesi

Impianti elettrici: Enzo Giusti con Sistemi industriali s.r.l.





Da macchina da guerra incompiuta a machine à voir


Incompiuta allo scopo della Grande Guerra, la fortezza austroungarica ipogea di Pozzacchio (dietro Rovereto) è uno dei luoghi del sistema (di forti, trincee, osservatori etc.) ove da anni lavoriamo per risignificare paesaggi fortificati.
Inizialmente (1997-2000) abbiamo reso "introduzione" al sito museale la pseudo-archeologia delle casermette: con qualche distanza da coloro che oggi ricostruirebbero tutto come se nulla fosse accaduto, abbiamo cercato di far rivivere i manufatti non solo per la loro presenza, ma in quanto fatti spaziali. Indirizzando l'occhio del visitatore della domenica, abbiamo protetto i ruderi con due tettoie in legno rette da pilastri in tubo di ferro: una di esse, a base quadrata e andamento isotropo, ospiterà il modello in cemento e ferro della fortezza, fruibile fino a salirci sopra, tenendo insieme pianta e sezione (schizzo a fianco), spiegando così l'interno scavato che l'esterno naturale non svela.
Quindi, avendo il Comune acquistato il forte previa nostra opera di assistenza, la seconda mossa, stavolta su incarico della Sovrintendenza ai Beni Architettonici della Provincia Autonoma di Trento (2005-2009): le foto della ricognizione aerea (1918 – Archivio Museo della Guerra di Rovereto) mostrano i resti di un cantiere così per noi il tema diviene la fruibilità in "ragionevole sicurezza" con narrazione dello sviluppo costruttivo e spaziale.
Anche qui, come sugli Altipiani di Folgaria Lavarone e Luserna, un capitolo particolare della nostra ricerca progettuale volta a re-istituire misura al paesaggio insiste sulla natura di opere costruite per traguardare senza essere viste: lavorando sul campo abbiamo ritrovato tra le macerie le sedi dei tubi ottici per il sistema di stazioni di collegamento tra le fortezze. Un proiettore laser opportunamente installato nell'originaria posizione segnerà nella notte questo ritrovato collegamento.
Conduciamo la rilettura della "fonte fisica" insieme alla relativa "fonte scritta" (secondo simmetrica definizione degli archeologi)1, e ci è naturale il riferimento al lavoro sul vuoto di Rachel Whiteread. Abbiamo messo a fuoco una strategia di intervento site specific che lascia da parte sia la "pura invenzione dell'architetto" (contributo alla scemissima e colpevole distruzione del paesaggio italiano) sia la altrettanto penosa "completa ricostruzione" figlia di una iper-storia dimentica della contemporaneità (e peraltro in molti casi arbitraria).
Nel programma del progetto è prevista un'apposito comitato scientifico che in collaborazione col MART di Rovereto offra a questo riusato paesaggio l'occasione per divenire eccezionale sala all'aperto dedicata all'esperienza del contemporaneo.
Nelle sale scavate a volta NON rifacciamo stanze di legno COM'ERANO quanto piuttosto DOV'ERANO, concettualizzando i materiali; invece del legno il ferro - grigliato per gli orizzontamenti, per uno "sguardo trasparente" su quel che c'era, la traccia; e le stanze nella grotta divengono "teche rovesce" illuminate nell'interstizio perimetrale, per veder lo scavo.
Da quell'interno scuro, con una scala in ferro disegnata a misura nel pozzo che avrebbe dovuto esser del montacarichi – site specific come rimettere il torsolo alla mela cui l'avevan tolto – si giunge, per la passerella-calco dei corridoi di collegamento tra le cupole corazzate mai messe in opera, a riveder le stelle, in alto. Nuova machine à voir (le paysage).




Documenti da scaricare:

La messa in opera della memoria

Da macchina da guerra incompiuta a machine à voir





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