"La Strafexpedition"
Il capo di Stato Maggiore Feldmaresciallo Franz Conrad von Hoetzendorf non riuscì a farsi supportare dalla Germania nell'intraprendere una spedizione comune contro l'Italia ma progettò comunque, nell'inverno 1915/16, l'offensiva senza l'alleato tedesco.
Si stava preparando quella che sarebbe divenuta "l'offensiva di maggio" contro l'Italia (più nota come "Strafexpedition" ma mai citata con questo appellativo nei documenti austriaci) che prevedeva di raggiungere il Pian delle Fugazze e la Borcola con l'obiettivo finale di sfondare le linee nemiche ed entrare di prepotenza nella pianura veneta per riannettere all'Impero la città di Venezia com'era prima del trattato di Vienna. In mancanza delle unità tedesche, si trasferirono nella zona del Trentino meridionale numerosi reparti provenienti soprattutto dal fronte russo, che rimase sguarnito. Il piano prevedeva una forza complessiva di 14 divisioni e 60 batterie pesanti.
È da rilevare quanto quell'inverno fosse particolarmente nevoso, tanto che ad esempio sulla sommità del Pasubio venivano scavate delle gallerie direttamente nella neve. Per questo motivo il gen. Dankl era contrario all'impiego di truppe nella Vallarsa, ma non fu ascoltato dal Comando Supremo.
La preparazione materiale dell'offensiva fu molto impegnativa sia per lo Stato Maggiore che per gli esecutori del piano. Verso la metà del febbraio 1916 l'Impero Asburgico prevedeva di terminare i preparativi entro la fine di marzo, ma il clima di quell'inverno già straordinariamente freddo e nevoso divenne ancor più rigido creando enormi difficoltà nello spostamento delle truppe.
Molte di queste dovettero per lungo tempo spalare neve per tenere aperte strade e sentieri sotto il costante pericolo di valanghe. Il 10 marzo il gen. Dankl comunicò che a sua stima occorrevano almeno 4 settimane affinché il disgelo consentisse un movimento più sicuro delle truppe.
Fu dato ordine di prepararsi per un attacco da sferrare il 10 aprile, ma l'intero territorio era talmente innevato che i Comandi desistettero dall'operazione.
Il prolungarsi dell'attesa, dovuto all'eccezionale rigidità di quell'inverno, vanificò di fatto l'effetto sorpresa tanto auspicato per la riuscita dell'offensiva. Grazie a spie e diserzioni, col tempo l'Italia comprese che erano molto probabili grandi operazioni belliche nella zona della Vallagarina.
Il 25 aprile disertava dagli avamposti in Vallagarina il ten. Anton Knechtl, cecoslovacco, appartenente al IV battaglione del 81º reggimento fanteria: fu questi a rivelare agli italiani il termine convenzionale, con il quale era stata battezzata l'imminente azione offensiva.
Il noto appellativo Strafexpedition, "spedizione punitiva", era dovuto al fatto che L'impero austro-ungarica intendeva infliggere una punizione all'Italia per aver tradito la Triplice Alleanza.
Per questo il comando italiano il 18 aprile richiese urgenti rinforzi e soprattutto un cospicuo approvvigionamento di munizioni.
Le due Armate austriache impegnate nell'operazione erano l'11ª, al comando del Col. Gen. Viktor Dankl, e la 3ª, con al comando il Col. Gen. Hermann Kövess. La prima, partendo dalle basi della Vallagarina e dell'altopiano di Folgaria, avrebbe dovuto raggiungere la pianura nella zona di Schio-Thiene, l'altra, partendo dalla Valsugana, per l'altopiano dei Sette Comuni, sarebbe dovuta arrivare nella zona di Bassano-Thiene.
L'azione iniziò il 15.05.1916 con un vasto bombardamento d'artiglieria e l'attacco a Monte Zugna, alla Vallarsa e all'intero massiccio del Pasubio, cioè ai settori accuratamente scelti per lo sfondamento: dalla zona di Castel Dante agli altipiani di Folgaria - Lavarone.
Alle ore 09:00 del 16 maggio vi fu un intensissimo bombardamento: nel raggio di 6 chilometri erano in azione ben 396 bocche da fuoco di diverso calibro! Si stima che quasi un milione di uomini si stavano per fronteggiare a causa della Strafexpedition. I soldati austro-ungarici riuscirono a sviluppare una straordinaria forza di sfondamento. Il 17 maggio gli italiani persero l'abitato di Vanza. Il 18 persero la zona di Trambileno dove il Maggiore dell'Artiglieria da montagna Felice Chiarle, comandante del 17° Gruppo di batterie alpine, impegnato nella difesa della zona di Trambileno, ferito e con tutti i suoi pezzi distrutti dall'intenso bombardamento, trascinò i suoi Artiglieri superstiti nel disperato contrassalto alla baionetta assieme ai Fanti del 79º Reggimento. Grazie all'eroica resistenza delle truppe italiane, la 59ª divisione di fanteria austriaca non riuscì a realizzare completamente quanto le era stato affidato.
Alle ore 15:00 del 18 maggio il comando dell'VIII Corpo Austriaco comunicò questo: "la XVIII e la XIX brigata alpina hanno conquistato Boccaldo e Giacera (Giazzera)".
Quindi, i reparti italiani arretrarono sulla linea monte Pazul – Forte Pozzacchio – Forte Matassone, sotto la poderosa spinta dell'offensiva. A questo punto gli austriaci cercarono di aggirare gli italiani dal monte Testo – monte Spil – Anghebeni facendoli ritirare sulla linea Chiesa – Bruni.
Il 19 maggio 1916 la 59ª divisione (VI, IX e XVIII brigata da montagna), in fase di avanzata verso monte coni Zugna raggiunse Zanolli, Pozzacchio e le alture a nordest del paese. In conseguenza di questo avanzamento e soprattutto con la presa dello strategico Col Santo (montagna a quota 2112m. s.l.m.) le truppe italiane furono costrette ad abbandonare le postazioni di Valmorbia e di Matassone visto il concreto pericolo di essere attaccate alle spalle.
Il 22 maggio le truppe austro-ungariche avevano occupato Matassone-Valmorbia-Anghebeni. In particolare il 3º Reggimento Landesschützen raggiunse la località di Bruni e qui si fermò.
Il 25 maggio violenti attacchi furono portati sul monte Zugna, ma, non adeguatamente supportati dall'artiglieria, gli austriaci furono respinti con ingenti e gravi perdite, dovettero ritirarsi e si attestarono definitivamente nella zona di Zugna Torta.
Il tempo impiegato dalle armate austro-ungariche per raggiungere queste postazioni, consentì agli italiani di riorganizzarsi mantenendo saldo il costone del monte Zugna verso la Vallarsa: in questo modo gli obiettivi finali della Strafexpedition diventavano irrealizzabili: l'operazione era compromessa in uno dei settori decisivi.
Il pericolo corso dall'Italia venne sventato dal sacrificio dei soldati italiani sull'altopiano dei Sette Comuni, sul Pasubio, sullo Zugna e a Passo Buole e grazie anche alla saggezza del loro comandante Gen. Guglielmo Pecori Giraldi e dall'allora Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito Gen. Luigi Cadorna.
Molti sacrifici da ambedue le parti si sarebbero potuti risparmiare, se le allarmanti notizie che l'Ufficio Informazioni della Iª Armata aveva tempestivamente inviato al Comando Supremo, prima della grande azione austriaca, avessero trovato l'adeguata valutazione che alla prova dei fatti meritavano.
Il 16 giugno l'Arciduca Eugenio ricevette l'ordine di inviare sul fronte russo altre due divisioni oltre a quelle già inviate l'8 giugno, per tentare di fronteggiare la pericolosa offensiva zarista in corso. Finiva in questo modo la Strafexpedition; il successivo giorno 17 fu decisa la ritirata sulla nuova linea Pozzacchio-Valmorbia.