"La tragica notte tra il 28 e il 29 giugno 1916"



Esaurita l'offensiva austriaca, già il 26.06.1916 iniziava la controffensiva italiana che cercava di rioccupare il terreno perduto con l'obiettivo finale di raggiungere la valle dell'Adige e quindi Trento per la via più breve.
Il 28.06.1916, battaglioni di alpini e fanteria occuparono il Forte ed il paese di Matassone catturando 200 prigionieri: erano riusciti a disgregare fortemente lo "sbarramento del Leno". Sull'onda del successo per questa importante conquista, gli italiani tentarono di riconquistare il Forte di Pozzacchio incoraggiati dalla perfetta conoscenza della zona conseguita durante il primo anno di guerra, in cui il Forte stesso era stato nelle loro mani.
Venne così dato ordine alle compagnie della Brigata Puglie di attaccare subito il Forte di Pozzacchio.
Alle ore 14, due compagnie del 72º Fanteria al comando del capitano Bernasconi Gilberto, cominciarono l'avanzata, in ordine sparso. Molti soldati del 72º erano della Brigata Sarda, considerati imbattibili.
I battaglioni percorsero la strada fino a Valmorbia, altri, nel fondo della valle lungo il corso del torrente Leno, tentarono di aggirare gli austriaci occupando il paese di Pozzacchio. In quell'istante il settore Pozzacchio-Valmorbia, e quindi il Forte, erano presidiati dal 1º reggimento "Landesschützen" comandati dal capitano Platter. Il dispiegamento delle sue compagnie era il seguente:
- la 2ª compagnia ad Ovest (verso il torrente Leno).
- la 3ª compagnia ad Est sulle pendici del monte Spil.
- la 4ª compagnia del tenente Alfred Enrich alloggiata nella galleria di collegamento a Nord.
Le truppe italiane che tentavano la conquista erano stimate in circa 600 unità, e pensavano che all'interno del Forte non ci fossero molti soldati. In realtà il ripiegamento deciso dall'Alto Comando Austro-Ungarico dopo il fallimento della Strafexpedition, aveva portato numerose unità a far sosta nel Forte in attesa di nuovi ordini o prima di riprendere la ritirata.
Le sentinelle austro-ungariche che sorvegliavano le retroguardie non riuscirono a notare un gruppo di Fanti italiani, che rispondendo "all'altolà" in perfetto tedesco e col favore delle tenebre (era infatti notte di novilunio) s'erano mischiati ad esse
Gli italiani procedettero senza rumore: eliminarono le sentinelle e quanti per servizio ancora vegliavano, e penetrarono nell'area del forte senza che la guarnigione se ne accorgesse e potesse avvertire gli occupanti del forte.
In questa prima fase dell'azione, dopo aver catturato 30 soldati e un ufficiale austriaco, gli italiani giunsero al Forte e puntarono 5 mitragliatrici verso le feritoie.
Alle cinque del mattino del 29.06 il capitano Vittoria e l'ufficiale Corbucci con i fanti della 1ª compagnia sorpresero i soldati austriaci nelle baracche esterne al Forte e si impossessarono provvisoriamente degli spazi circostanti, facendo numerosi prigionieri tra i molti soldati stanchi che lì cercavano il riposo dopo giorni di marce forzate. Lo strepito di una mitragliatrice italiana piazzata davanti alla caverna del comando di battaglione, rompeva improvvisamente il silenzio; un gruppo di fanti passando per una porta scardinata bloccò in totale assedio il grosso della guarnigione nelle gallerie sotterranee, costringendo alla resa i soldati, che, senza via di uscita, si trovavano al suo interno. Ma il telefonista di servizio, compresa la situazione, prima di cadere trafitto al collo da una baionetta, riuscì ad afferrare il microfono e a dar l'allarme al telefonista della 4ª Compagnia del tenente Enrich.
In quella situazione arrendersi sarebbe stata la reazione più logica, ma il ten. Enrich sfruttò la posizione defilata della sua compagnia: la galleria nord non era infatti sotto l'attacco diretto. Egli, dopo aver barricato l'entrata della sua caverna, ordinò a 10 dei suoi 60 Kaiserschützen di seguirlo all'esterno attraverso una delle due aperture della galleria. I restanti, agli ordini del S.Ten. Hofherr uscirono dalla seconda apertura: la Compagnia si riunì all'esterno e si lanciò all'attacco in una spaventosa e cruenta lotta corpo a corpo con bombe a mano, baionette e pugnali.
Intanto le mitragliatrici italiane continuavano a sgranare le loro raffiche mentre i Fanti si raccoglievano combattendo verso una casa abbandonata. Cadevano in questa fase il S.Ten. Koschmann e il Capitano Berger.
L'intervento del tenente Enrich rovesciò le sorti della battaglia e consentì alle forze austro-ungariche di riprendere il controllo della situazione: per prima aprì il fuoco la mitragliatrice austriaca del sottufficiale Luft che eliminò la mitragliatrice italiana che teneva in scacco l'entrata, permettendo così ai reparti bloccati all'interno di uscire all'esterno. Un'altra mitragliatrice del tenente Philip spazzò il fossato colpendo sia gli ufficiali italiani che parte dei prigionieri austriaci. Infine tutte le mitragliatrici in dotazione alla Fortezza cominciarono a sparare sulla strada/sentiero che scende a Valmorbia provocando un devastante bagno di sangue.
Da una postazione improvvisata risposero a questo fuoco le 5 mitragliatrici italiane che però ad una ad una vennero poste fuori combattimento dall'intervento dell'artiglieria austro-ungarica.
Due plotoni della 4ª Compagnia del ten. Enrich si lanciarono nel fossato di gola e due verso la casa abbandonata costringendo gli italiani ad un veloce arretramento.
Anche il battaglione italiano risalente il versante destra della valle fu fermato dagli austro-ungarici.
Il tentativo degli italiani costò un grande numero di vite umane da entrambe le parti.
Della compagnia di Enrich quasi la metà fu messa fuori combattimento (7 morti e 21 feriti).
Nella storiografia ufficiale italiana l'episodio viene laconicamente ricordato: «Il 29 giugno il 72° Fanteria tenta senza successo la conquista del forte di Pozzacchio».
Più dettagliato è invece quanto riporta il diario ufficiale del Ten.Col. Scotti, redatto dal suo Aiutante, che per il valore storico si riassume qui di seguito nelle parti essenziali.
L'azione organizzata dal Ten. Col. Ugo Scotti prevedeva l'impiego del 1° Battaglione, 2 sezioni e mezza di Mitraglieri, agli ordini del Cap. Vittoria. Il Battaglione, sfilando da quota 663 sulla rotabile tra Anghebeni e Valmorbia, arrivava con le sue avanguardie alle 2,30 di notte, incappando 500 m dopo il paese di Zocchio, nei primi ordini di reticolato austriaco.
Divelto lo sbarramento, la I e la IV compagnia con le sezioni Mitraglieri, dopo aver catturato una trentina di prigionieri tra i quali un ufficiale, dirigendo per Dosso, riuscivano a raggiungere alle 4.30, i posti di combattimento convenuti, i Mitraglieri con le armi puntate sulle feritoie del forte.
Alle 5 il Cap. Vittoria, l'Aspirante ufficiale Corbucci suo aiutante, il Ten. Soresina con la 1ª Compagnia davano inizio all'azione, catturando i militari austriaci delle baracche esterne al forte. Giunti poi davanti alla porta di una caverna invitavano i soldati che sostavano all'interno ad arrendersi.
A questo punto, secondo il rapporto Scotti, una fiammata accesa non si sa da chi venne scambiata per un segnale di fuoco e scatenava raffiche di fucile e di mitragliatrice da tutte e due le parti.
Qui, sempre secondo Scotti, cadevano alla testa dei loro uomini il Cap. Vittoria e il Ten. Soresina, nel tentativo di sopraffare gli avversari, che, ormai in allarme, accorrevano da tutte le parti. Il micidiale falciamento d'una loro mitragliatrice piazzata sotto l'androne, spazzava amici e nemici.
Nel frattempo dalle loro improvvisate postazioni le Sezioni Mitraglieri impegnavano intrepide il loro impari duello contro le ben protette armi del forte.
Le due compagnie dovevano così sostenere, spezzettare, vivissimi combattimenti contro i nuclei austriaci accorrenti da ogni parte a difesa. Battute da ogni lato, erano costrette a ripiegare verso i boschetti ad est, o nei canaloni prospicienti il forte.
Taluni gruppi nel vano tentativo d'attaccare l'opera venivano distrutti dalle mine sparse un po'dovunque. Tutti i mitraglieri, sui quali era intervenuta anche l'artiglieria venivano posti fuori combattimento, le armi perdute, 5 i superstiti!
L'intervento del 3º Battaglione (Colonna Decio) che dal versante nord-ovest avrebbe forse potuto in qualche modo ristabilire la situazione, rimaneva bloccato dal fuoco frontale e da tergo delle armi automatiche austriache dei reparti scaglionati sulla linea Zugna Torta-Leno.
Le poche frasi della parte finale del rapporto militare italiano condensano nell'arido linguaggio delle cifre il tragico insuccesso dell'operazione:
«Perdite: Capitano Vittoria, Capitano Benvenuto, Tenente Soresina, Aspirante Corbucci - dispersi ma ritenuti uccisi.
Truppa: Morti, feriti non potuti raccogliere o raccolti dagli austriaci e dispersi N. 312; Feriti e medicati al posto di medicazione N. 41.
3º Battaglione: Aspirante Chiaretta, ucciso. Capitano Carbone, S.Ten. Mauri, Aspirante Cane, feriti. Tempo bello».
Con questa sconcertante osservazione meteorologica, richiesta comunque dal modulo di servizio, si conclude il rapporto del Ten. Col. Scotti riguardante la tragedia del fatto d'arme del 29 giugno 1916.
Tra le file italiane furono fatti prigionieri 11 ufficiali e un centinaio di soldati, presumibilmente anche gli unici superstiti dell'azione. Gli ufficiali furono portati subito via per essere sottoposti ad immediato interrogatorio, mentre la truppa fatta prigioniera fu trasferita verso sera dapprima in Vallagarina e poi nel campo di prigionia a Mauthausen in Austria.
Le moltissime vittime di ambedue le fazioni furono sepolte in un cimitero provvisorio situato sul retro del Forte a nord-est. Successivamente furono traslate nel vicino Ossario di Castel Dante a Rovereto.
Per capire l'entità del sacrificio di vite umane che la Strafexpedition e la successiva controffensiva italiana causarono nell'arco di poco più di un mese, ossia tra il maggio e il giugno del 1916, si riportano a titolo d'esempio le perdite nella Brigata "Puglie" del 71º e del 72º reggimento fanteria che operò in particolar modo nella Vallarsa zona Zugna-Matassone-Pozzacchio dal 22 maggio al 22 luglio 1916.

BRIGATA "PUGLIE"
71º REGGIMENTO
UFFICIALI
morti: 14
feriti: 18
dispersi: 103
TRUPPA
morti: 103
feriti: 504
dispersi: 92
72º REGGIMENTO
UFFICIALI
morti: 10
feriti: 18
dispersi: 4
TRUPPA
morti: 31
feriti: 341
dispersi: 329

La Procura del Tribunale militare dell'XI Armata Austro-Ungarica, nel concludere il 18 luglio 1916 l'istantanea inchiesta circa le responsabilità per la momentanea occupazione del Forte di Pozzacchio da parte italiana la notte del 29 giugno 1916, raccomandava ai giudici di rinunciare all'istruzione del processo, poiché i soldati del 1° Reggimento Landesschützen avevano riscattato col loro comportamento lo spiacevole accaduto, dovuto ad una serie di casi sfortunati, non sempre evitabili in tempo di guerra, piuttosto che a colpe passibili di pena.
Se il Valmorbia-werk fosse stato conquistato dagli italiani, probabilmente sarebbe crollato l'intero fronte difensivo della Vallarsa creando potenzialmente un pericoloso varco nelle linee austriache. Proprio per esser riuscito a salvare queste linee con il suo coraggioso e risolutivo intervento, il tenente Alfred Enrich fu insignito della croce di Cavalierato dell'Ordine Militare di Maria Teresa d'Austria e a lui è tuttora dedicata una caserma dell'esercito austriaco a Kufstein nel Tirolo.
Alla memoria del Capitano Vincenzo Vittoria fu concessa la medaglia d'Argento al Valor militare, modesto seppur prestigioso riconoscimento del suo valoroso comportamento.
A guerra finita il Capitano Vittoria, non essendo stato ucciso come si riteneva nel rapporto Scotti, ritornò dalla prigionia e il decreto dell'onorificenza concessagli "alla memoria" fu debitamente modificato e consegnato "al vivente".
Per calarsi nel contesto e per capire meglio i fatti e le sensazioni della notte tra il 28 e il 29 giugno 1916, si rimanda alla preziosa e inedita testimonianza del caporale Adelino Ballarini del 72º Fanteria.
Un'altra interessante testimonianza diretta sui fatti di quella tragica notte è offerta dell'allora cappellano militare del Forte Austro-ungarico, padre Magnus Johann Hager dell'Ordine Teutonico.
Con quest'ultimo episodio si esaurì di fatto la controffensiva italiana nella Vallarsa, che lasciò il Forte di Pozzacchio a caposaldo della linea austriaca Zugna Torta - Leno - Pozzacchio - M. Spil. La linea rimase cristallizzata nelle posizioni contrapposte fino al termine del conflitto, e non vi furono più importanti fatti d'armi, visto che la guerra veniva combattuta soprattutto alle alte quote del massiccio del Pasubio, nella zona tra i Denti Austriaco e Italiano, con la tristemente nota guerra di mine.
Riprese invece in questa zona una snervante guerra di posizione, rotta da tentativi di miglioramento delle rispettive linee, che non sortirono effetti rilevanti. Alla fine della guerra, dopo la resa firmata dalla delegazione Austriaca a Villa Giusti (Padova) il 3 novembre 1918, il Forte veniva abbandonato definitivamente dagli austriaci e perdeva ogni importanza di carattere bellico.


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